Con il nuovo “Patto su Migrazione e Asilo” presentato mercoledì scorso l’UE sta cercando di lasciare dietro le spalle il Trattato di Dublino e di “europeizzare” il tema a livello della comunità. La questione, molto sentita e piena di insidie, sta generando polemiche e discussioni. Oltre ai paesi ostili al patto, piovono critiche dalle Ong impegnate in prima linea, ma anche i dubbi dei paesi di frontiera che invocano più garanzie sul ricollocamento dei migranti.
Per Oxfam il nuovo patto è un inginocchiamento di fronte ai paesi ostili al ricollocamento automatico. «Prevale la linea degli Stati che hanno chiuso i confini ai migranti in fuga da guerre e persecuzioni. Il testo della riforma della Commissione europea resta lontano da una vera visione comunitaria nella gestione del fenomeno migratorio che parta da una condivisione di responsabilità e della tutela dei diritti fondamentali dei migranti», afferma il movimento nella nota pubblicata sul sito.
Sull’argomento è tornato a parlare ieri il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in occasione del festival dell’Economica 2020 di Trento. «La complessità di gestione dei flussi migratori non può essere risolto da oggi al domani ma deve essere gestito con un approccio multilivello», ha detto il Presidente ricordando le ultime tappe fino all’accordo di Malta.
«Il nuovo patto l’ho giudicato un passaggio importante perché contiene molti aspetti positivi, ma un conto è gestire in termini europei e coordinati questa politica, altra cosa è lasciare da soli i paesi di primo approdo che subiscono questi flussi irregolari», ha aggiunto Conte ricordando che la prossima conferenza per il futuro dell’Europa potrebbe essere un occasione per superare alcuni ostacoli (unanimità delle decisioni) e semplificare i processi decisionali. L’obbiettivo è chiaramente riferito ai paesi ostili alla redistribuzione, invocata dall’Italia: «In questo senso se si afferma un principio di redistribuzione obbligatoria dei rimpatri a livello europeo, allora per chi si sottrae agli adempimenti dovrà esserci un meccanismo “penalizzante”».
La portata del nuovo Patto e gli aspetti critici
Ci sono diversi livelli di lettura, tra una consistenza di dettagli tecnici e un certa contrazione nei principi», spiega il prof. Nadan Petrovic, che ha pubblicato di recente il suo nuovo libro Storia del diritto d’asilo in Italia (1945-2020). le istituzioni, la legislazione, gli aspetti socio-politici.
Sottolinea il Prof. Nadan:
Le politiche migratorie sono state in qualche modo il tallone d’Achille dell’Unione a causa delle divergenze nelle visioni e la pressione degli interessi nazionali. Tra chi salva vite umane e chiede maggior condivisione delle responsabilità nel ricollocamento dei richiedenti asilo e chi invece respinge ogni dialogo ritenendo a priori tutti i richiedenti degli irregolari migranti economici da espellere (i paesi Visegard in particolare). La profonda divergenza culturale nel concepire ed affrontare il tema ha di fatto condannato i Paesi lungo il confine UE a subire tutti gli effetti negativi del trattato di Dublino. L’Italia, come la Grecia e Malta sono state abbandonate in questi anni dal resto dei paesi nel fronteggiare l’emergenze dei flussi migratori. Il trattato di Dublino era inefficiente e inadatto ormai da moltissimi anni.
Sul nuovo Patto presentato dalla commissione Nadan è prudente ma ottimista:
«Vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane, mesi, per capire come si evolveranno le discussioni sul Patto, che evidentemente nasce da un compromesso, ma tutto sommato ritengo che sia un passo importante in avanti, verso l’europeizzazione delle politiche migratorie e di asilo. Dal punto di vista tecnico il Patto sembra avere buone possibilità di passare. Il fatto stesso di superare il trattato di Dublino è già una cosa positiva, creato contro i paesi del sud Europa».
Nadan condivide le preoccupazioni espresse da altri esperti per quanto riguarda il rigore e la tempistica individuata dal Patto per l’attivazione dei meccanismi di controllo – verifica e accettazione/rimpatrio. «Sulla carta – ci dice – i tempi sarebbero anche ragionevoli e potrebbero alleviare la pressione sulle frontiere ma potrebbero scontrarsi con la capacità reale di attuazione sul territorio».
In effetti il tema dell’identificazione dei migranti e registrazione nella banca dati EURODAC era stato oggetto di scontro nel 2015 tra Italia e Commissione Europea, quando quest’ultima aveva accusato il nostro paese di non identificare i migranti e inviando una lettera di messa in mora per la mancata applicazione del regolamento, che poi finì in un nulla di fatto un anno dopo ma anzi riconoscendo invece all’Italia l’incredibile lavoro di salvataggio di migliaia di vite umane.
sUl ruolo della Germania Nadan sostiene: «i tedeschi, rimasti per anni alla larga dalla questione, hanno finalmente compreso la gravità della situazione, denunciata da anni da Italia, Grecia e Malta, soprattutto con la crisi del 2015. La loro convinzione nell’individuare una soluzione Europea condivisa al problema fa della Germania un prezioso alleato per l’Italia in questa battaglia. L’Italia dovrebbe cogliere questa opportunità per dare vita alle sue richieste. Anche se i tedeschi hanno un approccio completamente diverso, certamente punteranno a portare a casa un accordo per il Patto, che per noi rappresenterà comunque un buon passo in avanti per non restare soli».
D’altronde, il Patto è stato promosso con la massima forza dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, che guida la Presidenza del semestre del Consiglio dell’UE. La Cancelliera, al suo ultimo mandato, spingerà sicuramente con ogni mezzo per l’approvazione del Patto su Migrazione e asilo. Un obbiettivo più complicato ma che potrebbe dare sorprese. La sua leadership in Europa è ormai consolidata, nonostante molte critiche dall’opposizione in Germania e dai Paesi “sovranisti”, e dopo avere mediato per il raggiungimento dell’ accordo per il Recovery Fund, conquistare anche l’intesa su questo nuovo Patto la consacrerebbe tra i grandi d’Europa.